Sembra che la prima cosa che Buddha ha affermato dopo l’Illuminazione sia stata: “Esiste la sofferenza!”
Un passo importante che ho fatto personalmente dopo aver toccato il mio fondo, è stato imparare a distinguere tra sofferenza del mondo e sofferenza auto-prodotta. La prima è funzionale, la seconda no, se ristagna senza produrre cambiamento.
Divenire consapevole di questo fatto, mi ha restituito la comprensione e il potere di scegliere i pensieri da avere, imparando a nutrire quelli potenzianti e imparando anche così, che le emozioni che provavo erano direttamente correlate con i pensieri che permettevo mi abitassero.
Non potevo cambiare il mondo là fuori, ma potevo cambiare il mio mondo, dentro!
Durante il mio percorso di crescita personale, ho mandato a memoria una frase che è divenuta essenziale per me:
“La sofferenza non sta nei fatti, ma nell’interpretazione che ne diamo”.
Così Epitteto: “E’ importante distinguere i fatti dal rumore che fanno”.
Quando ho imparato (bada bene che sono uno che inciampa tre volte su quattro) a rialzarmi (sempre più rapidamente) dopo essere caduto, mi sono accorto che, in mia Presenza, il volume della sofferenza si abbassava di almeno sette tacche su dieci. In fondo in fondo, quando i miei demoni interiori e i miei generosi conflitti tacevano, io riuscivo a offrire al mondo la mia pace, dando un contributo di benessere a chi mi stava intorno in quel momento e, chissà quale ben altro e alto contributo alla Vita, a livello energetico (l’Effetto Maharishi è esperimento di peso scientifico eccezionale, che restituisce immenso e insospettabile potere alla massa critica consapevole).
Ora, quando l’essere umano riesce a riconoscere la presenza di DUE tipologie di sofferenza, lì inizia il cammino dell’integrazione, che per me è: cessazione del giudizio negativo.
La sofferenza è tensione che chiede cambiamento, senza di lei non v’è scoccar di freccia, e la felicità è abilità personale: la felicità infatti non accade, è una scelta.
Smettere di maledire il buio e accendere la propria candela, come invita a fare un bellissimo detto zen, è proprio una scelta!
Io? So che è possibile, ne ho fatto esperienza.
Oggi so che la felicità, la spensieratezza e la responsabilità, sono figlie della mia capacità di smettere di giudicare negativamente le polarità dell’Energia.
Tutto viene PER Noi, nulla, in verità, accade A Noi.
La sofferenza esisterà sempre, e meno male, senza di essa non faremmo per esempio esperienza della cessazione della sofferenza stessa; senza di essa non avremmo l’energia che ci spinge a scegliere di cambiare; senza il dolore non ci potremmo avvedere di emorragie e di ossa rotte, mettendo così in pericolo la nostra vita.
Il dolore (fisico) e la sofferenza (psichica), sono forze sacre che, riconosciute come tali, possono essere integrate, accolte, di fatto ringraziate.
Comodo soffrire credendo di essere sbagliati, inadeguati, indegni d’amore? No, a nessuno piace essere presi a morsi dal nostro arrabbiato cane interiore.
Scoprire tuttavia che nove volte su dieci, la nostra carne è lacerata e fatta a brani da noi stessi, è presa di consapevolezza.
Scoprire che opporsi al cambiamento per attaccamento al proprio falso centro, alla propria falsa identità, è attaccamento alla sofferenza e al dolore, e comprendere finalmente che questa è sofferenza auto-prodotta, è essenziale, ha a che fare con l’Essenza.
Qualcosa è cambiato quando io sono cambiato.
Sì, la consapevolezza crea nuovi spazi e dimensioni per comprendere la sofferenza, permette integrazione e l’integrazione è l’azione che Ti rende “intus gratus”, grato dentro.
La sofferenza va accolta, immaginare di eliminarla è follia, ma di fatto scompare, quasi magicamente quando infine comprendo che arriva PER Me e dico, GRAZIE!
La spensieratezza, la felicità, la serenità, in fondo in fondo sono proprio questo: accoglienza di Ciò che c’è e cessazione del giudizio negativo.
Che Tu possa essere felice, e anch’io!
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