“La meditazione non è qualcosa di nuovo; si nasce portandola con sé. La mente è una cosa nuova, la meditazione è la tua stessa natura. E’ la tua natura, il tuo essere. Come potrebbe essere una cosa difficile?
“Meditazione: la prima e ultima libertà” Osho
La conoscenza del mondo è conoscenza relativa, il pensiero di Krishnamurti rivela la necessità di liberarsi della conoscenza, poiché rimanendo nel conosciuto non si può scoprire niente di nuovo.
Questo nostro viaggio, questo cammino che compiamo nel mondo è segretamente perfetto, così l’apparente imperfezione del mondo relativo in continua ed eterna espansione, racchiude nel suo dinamismo evolutivo il potenziale per esperire una gioia indicibile. Tale gioia diventa possibile attraverso un atto di rinuncia.
L’uomo occidentale degli ultimi secoli è giunto a credere con fermezza nel proprio potere di dominare il mondo attraverso la scienza. Il sapere scientifico è assurto a idolo moderno, nella convinzione che la ragione umana possegga le qualità necessarie per cogliere l’essenza della realtà. L’uomo orientale invece ha da sempre mostrato l’inadeguatezza del pensiero logico nel cogliere la straordinaria complessità della realtà ultima, sottolineando l’inevitabile parzialità e quindi la conseguente illusorietà, della conoscenza filtrata dai sensi. Induismo e Buddhismo ci dicono che questa illusione è avidya, moha per i buddhisti, l’ignoranza metafisica personale di ciascun essere umano, prodotta dall’incantesimo di Maya, che soggioga la mente dell’uomo velando così la vera essenza della Realtà Ultima.
Lo Zen afferma che lo scopo ultimo dell’uomo è diventare ciò che già è: questa secondo il pensiero orientale è illuminazione. La vita per l’induismo non è altro che Lila, il gioco di Dio, e Brahman è il grande mago che si trasforma nel mondo, ritmicamente, dinamicamente, creando Maya appunto, l’illusione della molteplicità e della separazione. Ma è proprio nella scoperta, nella realizzazione che tutto ciò che ci circonda ha la sostanza del sogno, è proprio in questo sentire, che risiede paradossalmente la Realtà, perché cogliere di stare sognando è la base del risveglio, la piattaforma del sogno lucido, attivo, attraverso cui l’uomo trascende il dualismo degli opposti, per mezzo dell’azione disinteressata e dell’adesione attenta e positiva al proprio Dharma.
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Bhagavad Gita – Versetto 50 Cap. II
Colui il cui intelletto
è unito (con il Sé) si libera sia dal bene
che dal male persino su questa terra.
Perciò dedicati allo yoga.
Yoga è abilità nell’azione.”
Mano a mano che la mente diviene stabile nella consapevolezza del Sé trascendentale, la dimensione assoluta della natura dell’Essere stesso viene infusa nella mente del meditante che così acquisisce sempre più lo stato di grazia che è proprio dell’Essere stesso, ananda appunto, gioia pura. L’esperienza diretta della beatitudine trascendentale è così grande, da conferire all’uomo che la sperimenta, uno stato di appagamento così intenso, che le gioie del mondo relativo non riescono più a produrre una impressione altrettanto profonda. Così l’uomo si eleva. Il sistema nervoso dell’individuo è il veicolo che permette questa attività di riconnessione con il Sé superiore, il corpo è il meraviglioso portale che consente di esperire l’Essere. Quando il piano fisico, mentale e spirituale si fondono armoniosamente, il potenziale dell’uomo si dispiega portentosamente, rivelando che la mente conscia è soltanto una parte davvero insignificante della totalità dell’uomo.
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Fa-Tsang fondatore della scuola di pensiero buddhista Hua-Yen, nel VII sec., per mostrare l’interconnessione tra l’intero della realtà e tutti i relativi aspetti parziali, propose all’imperatrice Wu una intelligente analogia, e servendosi di una candela posta al centro di una stanza tappezzata da frammenti di specchi mostrò la relazione dell’Uno con i molti. Tutto ciò che esiste fuori è riflesso incarnato di Coscienza, figlia di un pensiero-vibrazione che crea il mondo del molteplice. Quando l’uomo sognato smette di specchiarsi nel mondo fenomenico scegliendo con consapevolezza di “uscire dal fuori”, inizia il cammino interiore di quell’uomo. Nell’uomo riposa quindi uno specchio meraviglioso che rivela la Verità riflettendo la Divinità, soltanto il silenzio ne permette l’ascolto.
La meditazione non è attività della mente, bensì del cuore, è un atto di fiducia, un tuffo nel vuoto, un Vuoto che tale non è e che anzi dà forma ed essenza a ciò che chiamiamo pieno.
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Concèntrati, in silenzio siedi, ferma ogni attività del corpo, raddrizza la schiena, piega il capo avvicinando leggermente il mento al corpo, controlla il respiro, rallentando il respiro rallenterà la velocità del susseguirsi di pensieri, presta sempre maggiore attenzione allo spazio vuoto tra un pensiero e l’altro, allargalo, sii calmo e privo di sforzo, dimentica ogni intenzione, sta e riposa in questa calma, così il sistema nervoso si acquieterà, raggiungendo uno stato di non-attività che è fisiologicamente quello del sonno profondo, vissuto però in uno stato di quieta vigilanza interiore attenta e concentrata, priva di tempo e di forma, lo stato in cui dimora la nostra vera essenza.
Il primo passo di chi rivolge “l’occhio forte” dentro la propria interiorità cercando empiricamente di fare esperienza del Sé superiore, consiste in un atto di fede, o meglio un atto di fiducia nei confronti di chi ha già fatto l’esperienza rimanendone permeato.
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Conosci o hai mai fatto esperienza di un autostereogramma?
Si tratta di una immagine bidimensionale generata da un computer. È simile a un quadro, che propone una serie di schemi grafici apparentemente uguali che si susseguono orizzontalmente continuando a ripetersi in forma di pattern. Chiunque veda per la prima volta un autostereogramma, vi si porrà di fronte con realismo ingenuo, e alla domanda “Che cosa vedi?” Potrebbe reagire con ironia rispondendo a sua volta con una domanda… “Un bruttissimo tentativo di “arte moderna? “ La sua mente infatti percepirà un’immagine effettivamente non riuscita esteticamente, “magica” però, e potrebbe proseguire magari chiedendo “Che cos’è?”…tu potrai rispondere: “L’immaginetridimensionale di un tubo!” Penserà che lo stiate prendendo in giro, ma quello che dici è vero, tu hai fatto esperienza di questo e cercherai di convincerlo. “Perché non provi? L’effetto è sbalorditivo, te lo assicuro.”… Se sarai stato sufficientemente convincente proverà.
Ci vuole un piccolo atto di fede, un arrendersi al possibile che ancora non si conosce, questo è il primo passo. Ecco perché taluni maestri orientali affermano che dobbiamo un po’ tornare bambini nell’approcciarci al Sé: la mente di un bambino infatti è priva di sovrastrutture socio-culturali, di condizionamenti, il suo cervello non ha ancora subito un imprinting in un senso o nell’altro… per un bambino, tutto è possibile!
“Incrocia un po’ gli occhi, dimentica la dimensione razionale bidimensionale di ciò che stai guardando, sii paziente, osserva e attendi con fiducia l’emergere dell’immagine tridimensionale nascosta nella ordinaria apparenza.”
Il mio amico in questione era un napoletano molto estroverso… mi ha dato un sacco di soddisfazione quando è riuscito a entrare nell’autostereogramma!
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Anche il cammino più lungo comincia con un piccolo passo, capire che la realtà ordinaria ne nasconde una straordinaria, è il primo passo compiuto verso l’esperienza del Sé superiore e quindi verso la realizzazione di una Umanità possibile. L’auspicata integrazione delle due modalità conoscitive fino a ora usate (logico-razionale e intuitiva), consente di ipotizzarne una terza, una sintesi delle due, un balzo evolutivo in grado di avvicinare l’uomo a una visione più armoniosa e unitaria del mondo, in cui viene riconosciuto all’amore il potere di riunire ciò che la mente ha diviso.
Distratta da distrazioni che distraggono, la nostra mente è come una radio accesa a tutto volume e sintonizzata sempre sulla stessa frequenza, quella del pensare. Troppo spesso inoltre il pensiero umano si nutre di passato e di preoccupazioni per il futuro, incapace di vivere il presente, ciò che è necessario fare è abbassare il volume del chiacchiericcio mentale e provare a sintonizzarsi su di un’altra emittente, perché non è possibile ascoltare della musica trasmessa dalla frequenza 101 F.M. sulla tua radio se sei sintonizzato su un altro canale F.M.
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Il pensiero è dunque movimento, divenire, rumore, il non-pensiero è invece immobilità, silenzio, quiete.
Quando la nostra consapevolezza è rivolta verso l’esterno, nascono la mente, il rumore e il mondo, quando invece la stessa si specchia interiormente emergono il silenzio e la Fonte, il sé torna a dimorare nel Non-Manifestato, trascendendo il tempo relativo illusorio e giungendo così a vivere con piena consapevolezza l’unico tempo che è dono, il presente appunto, l’eterno fluire dell’Adesso.
Il Non-Manifestato non è separato da ciò che è manifesto, lo permea anzi ed è presente nel silenzio appunto, da cui si origina ogni suono e in cui ogni suono muore, nello spazio vuoto che permette l’esistenza del pieno circondando ogni oggetto, disegnandone la forma esteriore e compenetrando quella interiore. “La forma è vuoto, il vuoto è forma” afferma il “Sutra del cuore”, uno dei più noti testi buddhisti antichi.
Così poi il bellissimo Tao te Ching di Lao Tzu:
“Trenta raggi si riuniscono in un centro vuoto
ma la ruota non girerebbe senza quel vuoto.
Un vaso è fatto di solida argilla,
ma è il vuoto che lo rende utile.
Per costruire una stanza, devi aprire porte e finestre;
senza quei vuoti, non sarebbe abitabile.
Dunque, per utilizzare ciò che è
devi utilizzare ciò che non è”.
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L’Essere non è qualcosa di distaccato da noi, è la Fonte di tutto ciò che è, e di tutto ciò che opera nella intera manifestazione fenomenica e la sua natura è il generare, il sostenere e l’accogliere attraverso un “non fare”, un processo che genera tutto, muovendolo dal non essere verso l’essere e viceversa, ciclicamente.
L’illuminazione non è un’esperienza del soprannaturale, bensì un ri -conoscere il reale, un “vedere” libero dalle sovrastrutture culturali, un ritorno dell’onda-individuo che, dopo essere stata spinta sulla spiaggia, torna all’infinito.
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Estratti dal Capitolo XII “Lo specchio interiore” dal libro di prossima pubblicazione
“MAYA – Tu sei il Mago e anche la magia” di Alberto Pomari – Anima Edizioni – Milano